Disturbo o difficoltà di apprendimento? La distinzione è d’obbligo

I disturbi che riguardano la capacità di apprendimento dei nostri bambini sono un problema molto sentito dai genitori e, spesso, vissuto con forte ansia per il loro normale sviluppo.

Questi disturbi implicano l’incapacità di acquisire, memorizzare o utilizzare specifiche abilità o informazioni, a causa di un calo di attenzione, di memoria o per un rallentato ragionamento che influiscono sul rendimento scolastico.

Facciamo chiarezza

Le difficoltà di apprendimento, in assenza di patologie conclamate da una diagnosi, riguardano bambini con un’intelligenza nella norma, che non hanno problemi sensoriali (vista, udito) o neurologici e che hanno avuto adeguate possibilità di familiarizzare con la lingua scritta.

Sono disturbi su base neurobiologica, che dipendono dal funzionamento alterato delle regioni cerebrali che sono coinvolte nei processi di apprendimento. Per lo più sono di natura genetica e, spesso, i familiari dei bambini con tali disturbi hanno presentato, o presentano, problemi simili.

Quindi è importante capire che non dipendono dall’impegno o dall’esercizio, né da traumi infantili, né dalla volontà del bambino.

Come si distinguono i disturbi patologici dalle difficoltà di apprendimento?

Il disturbo patologico c’è fin dalla nascita ed è persistente. Per distinguere con chiarezza il disturbo dalla difficoltà dobbiamo valutare la resistenza ai trattamenti: parliamo di difficoltà quando, strategie di insegnamento adeguate, migliorano significativamente la capacità di apprendere, mentre siamo in presenza di un disturbo quando persiste una condizione non consona all’età. 

Troppe diagnosi affrettate

Il fatto che sia aumentato il numero di diagnosi relative ai disturbi dell’apprendimento è da una parte un segno positivo, perché indica una conoscenza più profonda e una maggiore attenzione al problema.

D’altra parte, però, si rischia di fare confusione e alimentare le paure dei genitori senza motivi. Bisogna invece fare un’importante distinzione e capire che da un lato ci sono i disturbi veri e propri, dall’altro ci sono difficoltà legate al processo evolutivo del bambino. In quest’ultimo caso si tratta non di psicopatologie diagnosticabili, ma di fatiche e difficoltà su cui si può intervenire per tempo.

I genitori devono essere quindi aiutati, dagli esperti e dagli insegnanti, a non confondere sintomi che potrebbero essere simili, ma che hanno cause, conseguenze e bisogni del tutto diversi. Molto spesso ci troviamo difronte a bambini con difficoltà di apprendimento che possono migliorare semplicemente cambiando metodo di insegnamento. Ed è qui che la scuola diventa protagonista, adeguando le metodologie didattiche e formando gli insegnanti.

Quali sono i passi giusti da fare?

Il primo passo del genitore non è andare subito dal neuropsichiatra, ma valutare se il bambino modifica le proprie strategie al modificare delle strategie di insegnamento a scuola. È dunque necessario lavorare con il bambino sin da quando è piccolo, perché il suo cervello è molto recettivo e pronto al cambiamento se adeguatamente stimolato.

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