Mental - Lifting Archivi - Elena Ferrari Rinascere donna Wed, 24 Jul 2019 07:55:18 +0000 it-IT hourly 1 https://mentallifting.com/wp-content/uploads/2022/05/cropped-favicon-32x32.png Mental - Lifting Archivi - Elena Ferrari 32 32 207833118 Ansia da vacanza, 8 consigli per prevenirla https://mentallifting.com/ansia-da-vacanza-8-consigli-per-prevenirla/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ansia-da-vacanza-8-consigli-per-prevenirla https://mentallifting.com/ansia-da-vacanza-8-consigli-per-prevenirla/#respond Wed, 24 Jul 2019 07:55:09 +0000 https://mentallifting.com/?p=3666 Ansia da vacanza, ci colpisce a tradimento nella fase dei preparativi o ci accompagna nei nostri viaggi, trasformando le nostre ferie in un incubo da dimenticare. Le sogniamo tutto l’anno ma, per qualcuno, quando si avvicinano scatta l’ansia da vacanza: come organizzarle? Dove andare? Come riempirò il tempo? Stare rilassati e non fare niente può...

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Ansia da vacanza, ci colpisce a tradimento nella fase dei preparativi o ci accompagna nei nostri viaggi, trasformando le nostre ferie in un incubo da dimenticare. Le sogniamo tutto l’anno ma, per qualcuno, quando si avvicinano scatta l’ansia da vacanza: come organizzarle? Dove andare? Come riempirò il tempo?

Stare rilassati e non fare niente può provocare l’ansia da vacanza: si percepisce una sensazione di disagio non appena si inizia a pensare al lavoro. Le vacanze al mare, ai laghi o in montagna potrebbero essere considerate il massimo del relax, ma tutto questa inoperosità ci spaventa, perché siamo troppo abituati ai ritmi frenetici e scadenzati della vita lavorativa.

Quali sono le cause che scatenano l’ansia?

Spesso è legata al bisogno di organizzare il tempo libero e alla paura di non saper riempire i tempi vuoti. Una giornata senza un lavoro, senza una qualsiasi attività utile, diventa, con l’andare del tempo, un ostacolo e un disagio incredibilmente grande e perennemente presente.

La scelta della meta

Per molti il primo motivo di stress è la scelta del luogo dove passare la propria vacanza: bisogna far coincidere budget, periodo, esigenze personali e di chi viaggia con noi, e se siamo soli con chi partire, con gli amici o con un gruppo di sconosciuti.

Bisogno di organizzare ogni cosa

Dopo aver superato lo stress dei preparativi, alcune persone appena raggiunta la meta, vengono assalite dall’ansia di voler vedere tutto, partecipare a qualunque attività e hanno l’esigenza di programmare le giornate minuto per minuto.

Aspettative eccessive

Spesso le persone soffrono di ansia da vacanza perché si creano delle aspettative enormi sulle ferie con la speranza di compensare frustrazioni lavorative e personali accumulate in un anno.

Bisogno di dimostrare qualcosa

C’è chi, durante le proprie vacanze, progetta e fa cose che in realtà non gli si addicono; persone che decidono di partire in trekking faticosi, solo per poter dimostrare agli altri di quanto si è avventurosi o gente che sceglie di fare una vacanza in barca, pur soffrendo il mal di mare, solo perché va di moda.

Ansia da vacanza, come affrontare e prevenire questi stati ansiosi?

Imparate e riconoscere le vostre esigenze. Per evitare l’ansia da vacanza è necessario riconoscere ciò di cui abbiamo davvero bisogno e non seguire l’onda del momento. E, per quanto sia inevitabile raggiungere compromessi con chi viaggia con noi, è altrettanto importante fare in modo che i nostri desideri vengano rispettati.

Non lasciate lavoro in sospeso. Pianificate per tempo le attività che per un po’ resteranno in sospeso o in mano ad altri colleghi, evitando di ridurvi all’ultima ora prima della partenza. In previsione delle proprie ferie è naturale accelerare i ritmi lavorativi, se questo significa staccare davvero la spina una volta partiti.

Non temete gli “spazi vuoti”. Alcune persone, soprattutto quelle più “razionali”, quando pianificano una vacanza cercano di tenere tutto sotto controllo e di programmare ogni minuto. Questo perché si sentono tranquillizzate da una vita programmata nel dettaglio, e cercano di applicare questa logica anche alla vacanza. Ma per staccare davvero la spina dalla routine di tutti i giorni è invece più utile provare ad abbandonarsi a esperienze nuove, vivendo giorno per giorno e lasciandosi trasportare dalle casualità. E anche dall’ozio, qualche volta.

Aspettatevi eventuali imprevisti. È necessario un minimo di organizzazione, ma attenti a non inseguire la perfezione. Se vi scordate qualcosa, o incappate in qualche contrattempo, troverete sicuramente come recuperare. Imparate ad accogliere i possibili imprevisti con un sorriso e con spirito pratico. Guardate alle vacanze come a un’occasione per mettere alla prova la vostra creatività.

Evitate di “strafare”. Si sa che in vacanza gli orari e i ritmi quotidiani cambiano, ma attenzione a non esagerare. Ricordatevi che, se sottoposto ad attività alle quali non è abituato, il vostro corpo potrebbe non rispondere bene. Una buona alimentazione e un buon esercizio fisico vi aiuteranno ad affrontare in modo più sereno le vostre vacanze.

Pensate positivo. Se vi accorgete che avete la tendenza a rimuginare e a preoccuparvi, provate a interrompere il flusso di pensieri negativi concentrandovi su qualcosa di bello. Cercate di mantenere nella vostra mente un’immagine positiva: una foto, un ricordo, un viaggio, qualcosa che vi ha fatto stare bene.

Spostate il punto di attenzione. Provate a non concentrarvi troppo sui sintomi dell’ansia e spostate l’attenzione su qualcosa di diverso e piacevole per voi: ascoltare musica, leggere un libro o guardare un film divertente.

Se l’ansia è eccessiva, chiedete aiuto. Se però l’ansia diventa una prerogativa del vostro vivere, anche quando non dovrebbe esserci, può essere utile chiedere aiuto a un professionista.

Hai bisogno di un consiglio? Vuoi prendere un appuntamento? Contattami alla mail: elena.ferrari@mentallifting.com.

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Attacchi di panico, come combatterli https://mentallifting.com/attacchi-di-panico-come-combatterli/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=attacchi-di-panico-come-combatterli https://mentallifting.com/attacchi-di-panico-come-combatterli/#respond Sun, 10 Feb 2019 13:33:25 +0000 https://mentallifting.com/?p=3123 Gli attacchi di panico sono crisi d’ansia molto acute che si presentano con sintomi precisi: riconoscere gli attacchi di panico è il primo passo per la loro cura. Cos’è l’attacco di panico? L’attacco di panico è comunemente definito come una manifestazione d’ansia estremamente intensa, breve e transitoria, che avviene in un periodo ben delimitato e preciso. È...

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Gli attacchi di panico sono crisi d’ansia molto acute che si presentano con sintomi precisi: riconoscere gli attacchi di panico è il primo passo per la loro cura.

Cos’è l’attacco di panico?

L’attacco di panico è comunemente definito come una manifestazione d’ansia estremamente intensa, breve e transitoria, che avviene in un periodo ben delimitato e preciso. È generalmente un episodio imprevedibile ed inarrestabile e l’ansia è talmente intensa da lasciare l’individuo, una volta concluso l’attacco, in una condizione di assoluto sfinimento (De Masi, 2004).
La manifestazione dell’attacco di panico comprende sintomi cognitivi, emotivi e somatici, tra cui forti reazioni neurovegetative.

L’attacco ha un inizio improvviso, raggiunge rapidamente l’apice (di solito in 10 minuti o meno), ed è spesso accompagnato da un senso di pericolo o di catastrofe imminente e da urgenza di allontanarsi; la sintomatologia che si manifesta nel corso dell’attacco regredisce spontaneamente in breve tempo.

Gli attacchi di panico possono presentarsi nel contesto di qualsiasi Disturbo d’Ansia come pure in altri disturbi mentali (per es., Disturbi dell’Umore, Disturbi Correlati a Sostanze) ed in alcune condizioni mediche generali (per es., cardiache, respiratorie, vestibolari, gastrointestinali).

Sono caratteristici del Disturbo di Panico, ma possono manifestarsi anche nella schizofrenia, nel disturbo di somatizzazione e nella depressione maggiore (DSM-IV-TR, 2001). Possono inoltre verificarsi in qualità di eventi isolati e rari che non compromettono il comportamento dell’individuo o come gruppi di più attacchi che provocano degli effetti secondari (Sarti et al., 2000). Chi soffre di attacchi di panico può trarre beneficio da un trattamento integrato..

I sintomi degli attacchi di panico

Per giustificare una diagnosi di disturbo di attacchi di panico occorre che le crisi siano caratterizzate dalla presenza di quattro o più dei seguenti sintomi:

  • Senso di oppressione al petto
  • Respiro corto, sensazione di soffocamento o accelerazione del ritmo del respiro, fino all’iperventilazione
  • Intensa sudorazione
  • Accelerazione del ritmo cardiaco
  • Tremori o stati convulsivi alle braccia e alle gambe
  • Vampate o brividi
  • Sensazioni di intorpidimento o di formicolio agli arti e alle mani
  • Senso di nausea o disturbi addominali
  • Sensazioni di perdita di contatto con la realtà, di estraneità e distacco dall’ambiente
  • Senso di sbandamento, vertigine, paura di svenire
  • Ipertensione (forte aumento della pressione sanguigna) o Ipotensione (forte calo della pressione sanguigna)
  • Paura di impazzire o di perdere il controllo
  • Senso di irrimediabilità e di fine
  • Paura di morire.

Per comprendere meglio si può riflettere con questi esempi:

Paura: un freno davanti ai pericoli

Se stiamo attraversando soli di notte un quartiere malfamato, o se dobbiamo affrontare un esame universitario e sappiamo di essere impreparati, ci può venire una forte agitazione. Non si tratta evidentemente di attacchi di panico, ma di paura, del tutto fisiologica in tali situazioni. Senza la paura non saremmo “frenati” nelle situazioni pericolose e passeremmo la vita fra un rischio e l’altro.

Ansia: un’angoscia che non paralizza

Ci sono dei giorni nei quali non uscirei di casa, tutto mi angoscia, mi spaventa e mi rende irritabile e se penso alle cose che devo fare mi assale il timore di non riuscire ad affrontarle”. Ecco l’ansia emozione diversa dalla paura, ma anche dagli attacchi di panico perchè non è paralizzante.

Fobia: la fa crescere un oggetto scatenante

Odio i ragni: se solo penso che uno di loro possa sfiorarmi mi sento svenire”. La fobia è la certezza che situazioni quotidiane del tutto innocue possano colpirci mortalmente, tanto da condizionare l’esistenza. Proprio la presenza di un oggetto scatenante (il ragno) indica che non siamo in presenza di attacchi di panico.

Caratteristiche predisponenti:

La mappa non è il territorio” (Bateson, 1972).
La realtà non esiste semplicemente in quanto tale, ma è filtrata dalle nostre mappe, dai nostri modi di vedere, dalle nostre aspettative, consapevoli o meno, che ci fanno dare al nostro mondo un significato personale, colorato dal nostro passato. Impariamo dalle nostre esperienze: ci costruiamo delle aspettative in base a queste, delle rappresentazioni, delle credenze riguardanti noi stessi e il mondo (Weiss, 1993). Fin dalla nascita.

L’ansia diviene il normale esito di filtri che portano a leggere la realtà in modi costantemente disfunzionali

Se, ad esempio, ci sentiamo intimamente inadeguati e ci aspettiamo di essere criticati e rifiutati per questo, la prospettiva di un “esame” o di situazioni in cui ci confrontiamo con persone sconosciute “induce normalmente” in noi una forte ansia che non può far altro che aumentare al pensiero e/o all’avvicinarsi della situazione temuta, fino a bloccarci continuamente, fino a portarci a evitare la situazione stessa, anche se la desideriamo: diviene un inesorabile patibolo.

Inoltre, i nostri modelli interni tendono a dare risalto alle percezioni che li avvalorano (Bowlby, 1969/1988). Le aspettative che abbiamo ci guidano nel mettere in atto comportamenti che tendono a indurre negli altri reazioni che retroattivamente le confermano (Watzlawick, 1983; Sandler, 1976;Ammaniti, 2001). Ne segue che un’insieme quanto più ampio e flessibile di modelli di lettura ci permette di cogliere maggiori aspetti della realtà e di attivare risorse e comportamenti diversi a seconda delle specifiche situazioni. Quando ciò non avviene, quando tendiamo a leggere la realtà in modo rigido in virtù delle esperienze dolorose che abbiamo vissuto e delle difese e aspettative che da esse sono derivate, le credenze che sviluppiamo sono “patogene” (Weiss, 1993).

Ed è questa rigidità una delle caratteristiche predisponenti di chi potrebbe presentare un attacco di panico.

L’unilateralità di comportamento e la rigidità di azione creano le basi perché un giorno, per un evento negativo improvviso, tutto crolli: e allora ecco apparire sgomento, terrore del vuoto, angoscia di morte, panico. Un’evenienza da prevenire, o se già innescata, da curare subito.

Arriva la crisi da attacco di panico: cosa non fare?

LOTTARE:  Non si deve resistere a ogni costo e non bisogna cercare di opporsi. Gli attacchi di panico chiedono spazio e tempo e se questi ultimi non vengono loro “concessi”, aumenteranno d’intensità finché non diminuirà la nostra caparbietà. Meglio allora abbandonare ciò che stava facendo, cedere, limitarsi a osservare.

FINGERE:  Quando si ha un vero disturbo da attacchi di panico è impossibile dissimulare e fingere di star bene. Anche questo peggiora le cose e aumenta la tachicardia. È meglio dichiarare il malessere e potersi così dedicare a sé stessi.

SCAPPARE In preda alla paura di morire, si può avere l’impulso di correre o di muoversi in modo concitato, senza guardarsi attorno, esponendosi così al rischio di incidenti o cadute. Bisogna fare il possibile per restare presenti a sé stessi.

FORZARE IL RESPIRO: Le difficoltà respiratorie indotte dagli attacchi di panico, portano istintivamente a “cercare aria” con inspirazioni massimali e frequenti. Ciò manda il sangue in alcalosi, accrescendo la stessa sensazione di angoscia. Si deve dunque cercare di respirare normalmente.

Arriva la crisi da attacchi di panico: Cosa fare?

METTERSI COMODI: Ovunque ci si trovi, cercare di mettere al più presto il corpo nella posizione più comoda possibile, compatibilmente alla situazione. Evitare la posizione sdraiata, che spesso peggiora i sintomi degli attacchi di panico.

RESPIRARE PROFONDAMENTE: Una delle reazioni più comuni fra le persone che soffrono di attacchi di panico è l’iperventilazione, ma ricorda che la respirazione profonda può contribuire a ridurre lo stress e ad aumentare l’afflusso di ossigeno al cervello, favorendo la concentrazione. Quando avverti i sintomi di un attacco di panico, fermati e rallenta gradualmente il respiro.

  • All’inizio cerca di trattenere il respiro per alleviare la sensazione di soffocamento o asfissia.

  • Dopo aver trattenuto il fiato, inizia a respirare lentamente con il diaframma. Posiziona delicatamente una mano sul torace e l’altra sull’addome. La mano appoggiata sull’addome dovrebbe sollevarsi insieme a esso, mentre l’altra, posta sul torace, dovrebbe muoversi appena.

  • Inspira con il naso per 4 secondi. Trattieni l’aria per 2-3 secondi. Espira lentamente con la bocca per 5-6 secondi.

  • Continua a respirare profondamente per parecchi minuti finché non avvertirai che i muscoli sono rilassati e la mente è sgombra dai pensieri negativi.

CERCARE FRESCURA: Tra i sintomi più sgradevoli c’è la sensazione è di avere troppo caldo, di avvampare. Per alleviare questo “fuoco” si può allora cercare, se si è all’aperto, la freschezza dell’ombra o del vento; se si è in casa, si può creare un po’ di corrente aprendo le finestre.

CHIEDERE AIUTOSe si ha la sensazione di perdere il controllo e di cadere in preda all’angoscia, è bene individuare qualcuno che possa stare vicino per la durata degli attacchi di panico. Se non c’è nessuno, si può “chiedere aiuto” alle cose: un oggetto “positivo”, un rituale rassicurante, una distrazione.

Contattami: elena.ferrari@mentallifting.com.

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Come aiutare davvero un narcisista e salvare se stessi https://mentallifting.com/come-aiutare-davvero-un-narcisista-e-salvare-se-stessi/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=come-aiutare-davvero-un-narcisista-e-salvare-se-stessi https://mentallifting.com/come-aiutare-davvero-un-narcisista-e-salvare-se-stessi/#comments Sun, 02 Sep 2018 12:41:44 +0000 https://mentallifting.com/?p=3110 Che cos’é il disturbo narcisistico La caratteristica principale del disturbo narcisistico di personalità consiste nella tendenza a reagire difensivamente quando la persona sente una ferita al proprio valore. Come reazione è facile che la persona adotti atteggiamenti superbi, arroganti, che disprezzi gli altri e li ritenga le cause dei suoi problemi. Si sentono persone speciali ed uniche. Si aspettano di...

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Che cos’é il disturbo narcisistico

La caratteristica principale del disturbo narcisistico di personalità consiste nella tendenza a reagire difensivamente quando la persona sente una ferita al proprio valore.
Come reazione è facile che la persona adotti atteggiamenti superbiarroganti, che disprezzi gli altri e li ritenga le cause dei suoi problemi.

Si sentono persone speciali ed uniche. Si aspettano di ricevere approvazioni e lodi per le proprie qualità superiori, rimanendo sconcertati quando non ottengono i riconoscimenti che pensano di meritare e presentando spesso la tendenza a rimuginare circa tale mancanza da parte dell’altro.

In virtù del valore personale che ritengono di possedere, tali individui presumono di dover frequentare e di poter essere capiti soltanto da persone speciali.

Inoltre, si riscontra in essi la tendenza a reagire alle critiche sperimentando da una parte rabbia, dall’altra vergogna.
Queste persone hanno difficoltà empatiche fino non comprendere le necessità e le difficoltà altrui.
In questo contesto sfociano spesso nella tendenza allo sfruttamento, alla manipolazione interpersonale e a mostrarsi emotivamente freddi e distaccati, si aspettano enorme disponibilità e dedizione da parte degli altri, fino ad abusarne, senza alcun riguardo per le conseguenze.

In generale però nel corso del trattamento, quando la relazione terapeutica si è stabilita mostrano di avere abilità anche molto sviluppate di descrivere la vita psicologica delle persone che hanno intorno.

Infine, sono spesso assorti in fantasie di illimitato successo, potere, fascino, bellezza o amore ideale, invidiosi degli altri o convinti che gli altri siano invidiosi di loro e hanno la tendenza a svalutare il contributo degli altri ogniqualvolta questi ultimi ottengono riconoscimenti o apprezzamento per il loro operato.

Tuttavia si mettono in evidenza queste contraddizioni: la grandiosità fa da contraltare all’estrema vulnerabilità, al senso di inadeguatezza, all’incapacità sociale e affettiva della persona, che vive spesso sospesa tra istanti di auto-esaltazione e periodi di solitudine profonda.

 

Come aiutare davvero un narcisista e salvare se stessi

 

“Siamo convinti che il segreto per la cura dei narcisisti,
sia quello di ridargli il diritto di vivere.
La strada della terapia è la ricerca del contatto con la propria natura,
lo scavo per trovare le proprie inclinazioni, preferenze e passioni.
Si può dire che sia una rieducazione alla ricerca di sé.”
“Dimaggio (2016) nel suo ultimo volume “L’illusione del narcisista”

Per comprendere l’intensa relazione che si instaura con una personalità di questo tipo e le sue caratteristiche mi hanno fatto riflettere le parole di questo articolo.
La pena, l’angoscia e il disorientamento di chi intrattiene una relazione con un/una narcisista perverso/a sono amplificate dal senso di impotenza sperimentato ogni volta che si ricerca un cambiamento o che si propone una soluzione.

Chi ha esperienza diretta in fatto di “relazioni impossibili” sa bene che non servirà sottomettersi e non servirà ribellarsi, che il silenzio e le parole non serviranno, né saranno utili i ritorni conciliatori. Gli armistizi e le “pause”, i compromessi e gli accordi di non-belligeranza possono in alcuni casi alleviare il dolore e, talvolta, regalare quei momenti d’estasi che preludono al più duro e disastroso degli addii.

Allo stesso modo, si rivela infruttuoso o controproducente il tentativo di porre il narciso davanti alla sofferenza che crea e ai problemi che ha: il risultato è la lapidazione psicologica o, sulla scia della rabbia, si ottiene la minaccia dell’abbandono, quando non direttamente la punizione del silenzio e del tradimento.

Simili alla ninfa Eco, che nel mito di Narciso fu condannata a ripetere le parole dell’amato,  inutilmente  e in eterno, i/le partner del/la narcisista sembrano intrappolati nella ricerca affannosa di un modo per superare l’abisso interiore del compagno/a con l’intento di salvarlo/a. Nessuno, come la persona che vive la relazione impossibile col narcisista, può sapere quanto il/la narcisista sia intimamente e disastrosamente compromesso/a sul piano psicologico e affettivo.

E il fatto che la consapevolezza unilaterale della patologia si scontri di continuo con l’apparenza credibile e grandiosa con cui il narciso si accredita nel mondo esterno complica, se non impedisce di fatto, ogni realistica possibilità di cambiamento nella gran parte dei casi.

Il narcisista rifiuta l’aiuto, perché fugge da un senso di inadeguatezza profondo e profondamente denegato. Allo stesso tempo, nutre totale sfiducia verso gli altri e, quasi sempre, disprezza,  apertamente o con malcelato timore, psicologi e psicoterapeuti. Così, l’incontro col narciso in terapia è possibile solo quando, a causa del disturbo di personalità, la depressione o le conseguenza dell’abuso di sostanze, l’insonnia o altri “disturbi collaterali” divengono insostenibili.

Perché il narcisista acuto si mobilita unicamente per se stesso, quando e dove ha bisogno di utilizzare l’altro allo scopo di trarne un qualche vantaggio personale.
L’idea che il narciso affronterà una psicoterapia e cambierà per amore si struttura come una prospettiva illusoria che mantiene il rapporto ad oltranza e, in certi casi, diventa una sorta di “desiderata”, un obiettivo irrealistico inseguito sino al parossismo che anima e alimenta la dipendenza affettiva.

Molto spesso, le compagne o i compagni del/della narcisista, si rivolgono al terapeuta non per sé ma, coerentemente con l’auto-sacrificio che governa la loro relazione, per chiedere “consigli” su come trattare l’altro, su come aiutarlo e su come mantenere il rapporto amoroso nonostante tutto, oppure per ricevere suggerimenti per indurre il narciso a iniziare una psicoterapia.

Nella fantasia della/le sue amanti, il narcisista cercherà di rimediare alle proprie mancanze d’amore e di empatia, impegnandosi in un percorso psicologico per mantenere e “riparare” la relazione amorosa; diventerà finalmente più umano, e ci saranno matrimoni, magari uno o più figli e un’esistenza felice dopo tanta fatica … Ma nella realtà tutto questo è impossibile.
La richiesta di cambiamento per interposta persona è il sintomo di una dipendenza ostinata, quello stato mentale di dissociazione dal reale in cui culmina la psicologia della “vittima”.

Nel frattempo, il narcisista continuerà a svalutare, a giocare a nascondino, a sedurre, a svalutare, a tradire e a degenerare in una diabolica e inarrestabile sequenza di addii. Per poi, magari, trovarsi in fretta e furia una nuova compagna, con cui procreare a tempo record e mimetizzarsi velocemente in una “famiglia”, soprattutto quando, raggiunta una certa età, ha bisogno di una “copertura” sociale. Perché, anche quando si sposa o inscena una relazione stabile, il narcisista fugge e, allo stesso tempo, “giustizia” le sue/i suoi precedenti amanti, si vendica di chi, colpevole di conoscere e di subire la sua patologia, ha continuato ad amarlo.

Come nota Behary (2012), “i narcisisti non sono in genere quel tipo di persone che cercano volontariamente aiuto, addestramento o qualunque tipo di assistenza per abbattere i loro impenetrabili muri emozionali. Al contrario, essi evitano questo tipo di interazione quasi a tutti i costi, sia attraverso lo scherno, esternalizzando la colpa su qualcun altro, con varie forme di distrazione e occultamento, sia con il rifiuto tassativo.”

Il narciso, insomma, non può essere indotto o costretto a chiedere aiuto, in nessuna forma e in nessun modo. Meno che mai se la proposta di terapia arriva dal/dalla partner di turno.
Tuttavia, esiste nel narcisista patologico un nucleo d’amore, lontanissimo e profondo, un nucleo “sano” che, con qualche probabilità, può essere riattivato e può ritrovare vigore e funzionalità in psicoterapia, a condizione che il narciso decida da sé, autonomamente e incondizionatamente, di affrontare i limiti e i sintomi che, storia dopo storia, lo consegnano all’infelicità e alla frustrazione.

In questo senso, la psicoanalisi, la psicoterapia psicodinamica, l’approccio bioenergetico, e la schema-therapy – e cito solo alcuni modelli –  hanno formalizzato modalità di trattamento specifiche per il disturbo narcisistisico di personalità e, da decenni, si adoperano per supportare efficacemente quei pazienti che, spinti dalla sofferenza, dal’isolamento e dall’angoscia conseguenti al narcisismo, chiedono aiuto di propria iniziativa.

Tutto considerato, l’aiuto che le “vittime” del narciso possono davvero offrirgli è acquisire consapevolezza di quanto la stessa relazione che intrattengono serva a convalidare il disturbo narcisistico, ha luogo in quanto conseguenza (e non causa) del disturbo di fondo della personalità di cui la dipendenza affettiva amorosa e l’ossessione innescate nel partner predisposto rappresentano un’espressione sintomatica, non certo un “amore”.

Aiutare il narcisista è un compito psicoterapeutico, un lavoro specialistico che non può in nessun modo essere svolto dalla “vittima” , né realizzarsi all’interno della relazione dipendente.”

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Ansia: cos’è veramente e come liberarsene (anche senza farmaci) https://mentallifting.com/ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci/?utm_source=rss&utm_medium=rss&utm_campaign=ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci https://mentallifting.com/ansia-cose-veramente-e-come-liberarsene-anche-senza-farmaci/#respond Thu, 02 Aug 2018 12:42:26 +0000 https://mentallifting.com/?p=3113 Clara ha trentatre anni e arriva in lacrime in terapia. “Tre anni fa è morto mio padre e da allora sono disperata. Mi manca terribilmente. Sono sempre triste e depressa, a volte ho attacchi d’ansia. Soffro perché non sono stata la figlia che lui avrebbe desiderato. Non gli ho mai detto che gli volevo bene, e ora...

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Clara ha trentatre anni e arriva in lacrime in terapia. “Tre anni fa è morto mio padre e da allora sono disperata. Mi manca terribilmente. Sono sempre triste e depressa, a volte ho attacchi d’ansia. Soffro perché non sono stata la figlia che lui avrebbe desiderato. Non gli ho mai detto che gli volevo bene, e ora non posso più dirglielo.”

La psicoterapia è o dovrebbe essere il luogo in cui tutte le nostre convinzioni vengono meno: è necessario alla guarigione perché sono proprio quelle convinzioni a trattenere il dolore.

Clara, del tutto identificata nel ruolo di figlia addolorata, ripercorre le tappe del suo percorso: l’infanzia con un padre adorato, molto immaginato e poco frequentato, sempre assente e lontano per lavoro; un’adolescenza inquieta e ribelle, con eccessi e comportamenti al limite; una giovinezza fatta di nuove lontananze e fugaci tentativi di riavvicinamento presto falliti tra scontri e litigi. Un rapporto profondo di amore e odio per quel padre affascinante e difficile. Poi la sua malattia, il desiderio di vicinanza mai espresso appieno, e infine la morte proprio quando lei era all’estero. Da allora il dolore e l’ansia, in apparenza inarrestabili.

Ci sono dei passaggi psicologici che trasformano il dolore naturale in un’armatura mentale che si trascina per anni. Il dolore è naturale e passeggero. Tutto il resto lo costruiamo sopra noi, e può durare anni.

Non è il padre ciò di cui sente la mancanza: è la donna che non sta sviluppando. Ecco allora il compito: lasciar andare il padre per diventare donna. L’ansia è uno stato di agitazione psichica dovuto a una risposta abnorme a situazioni percepite come pericolose per il soggetto o per i suoi cari.

La risposta di allerta è immotivata rispetto alla reale pericolosità dell’evento, che può essere anche soltanto immaginato o anticipato nella propria mente. Spesso il soggetto non riesce a riferire la propria ansia a una specifica causa. Essa si può manifestare in diverse forme che vanno da un semplice stato di tensione psichica agli attacchi di panico, da un disturbo ossessivo-compulsivo alle fobie.

Nel fenomeno dell’ansia convivono due poli in apparenza opposti: uno stato di allerta e un’energia che vuole esprimersi. A volte, questi due aspetti si esprimono insieme, in altri casi uno prevale rispetto all’altro. Ma sono, in ultima istanza, inseparabili.

Quando l’ansia esprime perlopiù uno stato di allerta, vuol dire che qualcosa viene sentito come pericoloso per la persona – sia in senso fisico che psichico –. Può trattarsi di eventi reali (per esempio, l’attesa di un esame diagnostico, un importante incontro di lavoro, il ritardo di un figlio nel ritornare a casa), ma anche solo immaginati o anticipati mentalmente (per esempio, pensare a ciò che potrebbe succedere in un viaggio ancora da fare).

L’intensità dell’ansia in questi casi è fortemente influenzata dall’importanza che viene data a tali eventi e può quindi variare fortemente da persona a persona: uno stesso evento può produrre uno stato di gestibile inquietudine, oppure diventare emotivamente insostenibile.

Matrice comune resta comunque un eccesso di preoccupazione rispetto alla reale portata della situazione. Lo stato di allerta può essere riferito anche a pericoli interiori: segnala che c’è qualcosa in quel contesto, rapporto o stile di vita, che è dannoso per la vera natura della persona che lo sta vivendo.

Quando l’ansia esprime un’energia che vuole esprimersi, vuol dire che da un po’ di tempo il soggetto non sta vivendo parti autentiche di sé, che restano compresse fino a una soglia oltre la quale scatta l’allarme e al contempo la “tracimazione”.

L’ansia raccoglie nella stessa sintomatologia lo sfogo di accumuli energetici di differente natura: sessuale, fisica, creativa, spirituale, tutti accomunati dalla difficoltà a lasciar fluire liberamente la forza vitale e il talento personale, inteso come la propria unicità. Infatti, dietro ai vari disturbi d’ansia c’è la sensazione di non riuscire a “dire la mia”, a “essere me stesso”, a fare le cose “a modo mio”.

Allo stesso modo l’ ansia si presenta ogni volta che un momento di crescita o una trasformazione necessaria vengono ostacolate e si configura così come energia evolutiva, come tensione a un’autonomia che chiede con forza di manifestarsi.

Spesso l’ansia si esprime anche con manifestazioni corporee transitorie che scompaiono con il passare della crisi (tachicardia, tensione muscolare ecc.). In altri casi l’ ansia sfoga la propria energia – e i simboli che essa porta con sé – nel corpo, producendo disturbi fisici.

Le persone più a rischio sono:

  • Bambini e adolescenti privi di riferimenti familiari o sociali validi e costanti.
  • Adolescenti e giovani carichi di aspettative genitoriali su studio e lavoro.
  • Persone sulla soglia di una scelta importante che rompe lo “stato delle cose” (per esempio,
    divorzio) e che non sentono del tutto legittima.
  • Persone in situazioni “senza via d’uscita”.
  • Persone che vivono una routine in cui non sono presenti passioni autentiche.
  • Persone che praticano scarsa attività fisica e sessuale.
Come combattere l’ansia nella pratica

In genere, di fronte ad un problema prenderne consapevolezza è già una conquista. La strada per affrontarli a volte, soprattutto in situazioni di acuità, diventa tortuoso.

Rovistando tra diversi articoli ho trovato un libro interessante “La rana bollita. Una storia d’ansia, attacchi di panico e cambiamentoche parla di esperienze condivise della quali sono state estrapolati alcuni accorgimenti per affrontare in modo pratico queste situazioni, sebbene un sostegno ci voglia sempre. Sono esperienze di cui si può farne buon uso se le si apprezza.

1) Fare attività fisica

Molte ricerche scientifiche dimostrano i benefici dell’esercizio fisico nel trattamento dell’ansia.
Ci sono molti motivi per cui fare un po’ di movimento è un vero toccasana per chi soffre di ansia.
Le endorfine rilasciate naturalmente dal cervello durante l’attività fisica ci fanno sentire molto bene e aiutano a regolare l’umore. Un esercizio fisico stancante aiuta a dormire meglio (a patto di non farlo la sera, perché l’effetto potrebbe essere opposto). Inoltre impegnarsi in modo regolare a raggiungere qualche piccolo obiettivo è un toccasana per il nostro senso di autoefficacia.

La cosa migliore è trovare una o più attività di tuo gradimento e che puoi fare senza complicarti troppo la vita. Se poi riesci ad andare all’aperto, in un parco o qualcosa di simile, sfrutti anche gli effetti benefici del contatto con la natura.

2) Non chiudersi in casa

Noi ansiosi abbiamo una zona di comfort ristretta. Certe volte così ristretta che può essere racchiusa tra quattro mura. Si può arrivare al punto che uscire di casa è difficile, la spesa al supermercato una mission impossibile, una birra con gli amici un calvario, una passeggiata al parco un ostacolo inaffrontabile.

Non parliamo poi di viaggiare, di esplorare, di affrontare persone e situazioni sconosciute. Ecco: non assecondare mai questa tendenza.

Non ti sto dicendo di sfidare la tua ansia, di fare finta che non esista e di iscriverti a un corso di paracadutismo o di fare il giro del mondo in solitaria. Ho idea che le terapie d’urto non funzionino, altrimenti sarebbe troppo facile. Ti sto dicendo però di non adagiarti, di non assecondarla troppo, di non cedere alla tentazione di chiuderti dentro un bozzolo confortevole.

Non rinunciare alle cose che ti piacciono per paura. Ci sono giorni in cui non c’è verso. Hai bisogno di stare rintanato, di sentirti al sicuro in ambienti e situazioni che conosci perfettamente. Giorni in cui il circo dei sintomi dell’ansia è così forte – con il suo balletto di vertigini, nausea, tremori – che il mondo là fuori proprio non lo puoi affrontare.

Ma se impari ad ascoltarti attentamente riconoscerai quando dentro di te si accende un piccolo barlume. Quando tutto sommato vorresti accettare quell’invito a cena, o prendere la macchina e andare al mare da sola, o infilarti un paio di scarpe e andare a correre. Asseconda questi momenti e provaci, provaci sempre.

Dentro di te c’è sempre una forza, per piccola che sia, che ti spinge a prendere in mano la situazione e ad agire anche nell’enorme disagio e malessere che stai provando. Ecco quella fiammella va sempre tenuta accesa, e quando la senti, allora vai, buttati, non rinunciare. È un lavoro che puoi fare solo tu. È un sottile gioco di equilibrio di cui decidi tu le regole. No, oggi rinuncio, non me la sento. Ok, oggi vado, faccio fatica ma vado.

3) Trovare il modo migliore per cominciare la giornata

Per molte persone che soffrono di ansia il momento peggiore è il mattino appena svegli.

Riprendi contatto con la realtà dopo una notte di sonno e subito scattano sensazioni di disagio, pensieri foschi, malessere, qualche sintomo qua e là.
Voglia di alzarsi zero e panico totale al solo pensiero di affrontare la giornata. Ogni cosa sembra un ostacolo insormontabile.

Probabilmente questo dipende dal fatto che al mattino nel nostro corpo aumenta la produzione del cortisolo – detto anche ormone dello stress (cicli circadiani).

Intanto già sapere che si tratta di un meccanismo fisiologico un po’ aiuta. Invece di pensare:aiuto, perché mi sento così male stamattina, guarda qui ho già la tachicardia, non ce la farò mai ad affrontare la giornata, possiamo rivolgere a noi stessi qualche pensiero rassicurante del tipo: ok lo so, il mattino è il momento peggiore, è tutta colpa del cortisolo… ora mi alzo, comincio a fare le mie cose e piano piano andrà meglio.

Io traggo sempre grande beneficio da questo tipo di dialogo interiore. È un modo per rafforzare la nostra capacità di rassicurarci da soli. Poi è fondamentale curare al massimo la routine del mattino in modo da rendere quanto più possibile dolce, gradevole, avvolgente, la prima ora della nostra giornata.

Ognuno di noi può trovare la sua routine ideale, facendo vari tentativi. Ecco alcune idee:

  • svegliati con anticipo in modo da potere fare tutto con calma senza essere assillato fin da subito dai vari impegni
  • rendi dolce il risveglio: prova con la tua musica preferita, con un simulatore d’alba, con dei suoni zen
  • in inverno tieni a portata di mano le pantofole e una vestaglia in modo da poterti avvolgere in qualcosa di confortevole e caldo appena sceso dal letto
  • fai una buona colazione, con qualcosa che ti piace molto e che ti dia il giusto apporto energetico
  • dedica almeno 20 minuti o mezz’ora a una attività rilassante che assorba la tua attenzione: leggi un romanzo, guarda la tua serie preferita in tv, disegna, dipingi, suona uno strumento, lavora a maglia…
  • scrivi il diario della gratitudine
  • fai un po’ di ginnastica (come si diceva prima)
  • spendi qualche minuto a curare le piante (se sono in balcone ancora meglio così ti esponi alla luce del mattino)

Queste sono solo idee. La routine del mattino è una cosa molto personale. Il principio è questo: fai in modo di regalare a te stesso il meglio della tua giornata nella prima ora dopo esserti svegliato perché è questo il momento in cui ne hai più bisogno.

4) Non contrastare il panico

Questo è difficile da spiegare, ma ci provo.

Diciamo che ti sta salendo il panico. Parlo proprio di un bell’attacco in piena regola. Non tutte le persone che soffrono di ansia hanno anche attacchi di panico. La reazione normale è cercare di allontanare il panico al più presto. Dentro di te dici: no no cavoli, non adesso, vai via immediatamente.

Non è una buona strategia.

Il panico è subdolo: si nutre della tua paura. Più lo temi, più ti cerca. La soluzione, per quanto possa essere contro intuitiva, è provare ad accoglierlo senza opporre resistenza. Tanto sai che passa. Il punto è aspettare. Lasciare che la paura ti attraversi, e che se ne vada, così come è arrivata. È come un’onda.

Prova a pensare di essere in un mare agitato. Le onde e la corrente ti rendono difficile nuotare. Ti sforzi, lotti per contrastare la forza del mare, ma più ti agiti più la situazione peggiora. Allora prova a cambiare tattica. Smetti di andare contro corrente. Abbandonati. Fai il morto e galleggia nella tempesta. Lascia che le onde ti portino su e giù. Tanto sai che prima o poi si placherà.

5) Praticare la mindfulness

Si dice che le persone depresse vivono nel passato e quelle ansiose nel futuro. Per quanto riguarda la depressione non saprei, non ho esperienza diretta. Per quanto riguarda l’ansia invece direi che è vero, verissimo.

L’ansia altro non è che l’anticipazione di un evento negativo che potrebbe verificarsi. Il nostro cervello è programmato così. Anticipa i pericoli e per salvarci le chiappe attiva un sistema di risposta che si chiama combatti o fuggi. È un meccanismo sano, essenziale alla sopravvivenza, che però nei disturbi d’ansia non funziona più bene e si attiva anche in assenza di pericoli.

La mentalità tipica dell’ansioso è che mentre è occupato in una attività sta già pensando a cosa dovrà fare dopo preoccupandosi di tutto quello che potrebbe andare storto.

Imparare a stare nel presente, a vivere qui e ora è una fatica per chi soffre di ansia. Eppure quando ci riesci i benefici sono immediati ed evidenti. Per un attimo si solleva il velo delle preoccupazioni inutili e ciò che resta è solo la realtà del momento presente – che nella gran parte dei casi non è affatto minacciosa o pericolosa.

Per imparare a stare nel presente si può fare quella pratica di mindfulness .

Ho sperimentato però che nei periodi in cui l’ansia è particolarmente acuta la meditazione diventa più difficile. Non è facile imparare a stare con quel che c’è quando la mente è molto agitata e in preda alle preoccupazioni.

Per questo bisogna essere molto gentili con se stessi, non forzare la mano, non pretendere.

Se stare seduti a meditare diventa troppo difficile, allora possiamo rivolgerci alle pratiche informali. Anche solo ricordare di essere presenti, prendere tre respiri, concentrarsi nell’osservazione di un oggetto, una persona, un paesaggio. Sono come piccole gocce di consapevolezza integrate nel quotidiano che a poco a poco ci aiutano a stare sempre più presente.

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Cara amica,

quante volte ti capita di sentirti a disagio, stanca e allo stesso tempo nervosa e irritabile?

Se ti trovi nella condizione in cui gli sbalzi d’umore ti rendono la vita difficile, ti sembra di non riposare mai abbastanza e di non essere all’altezza delle situazioni, allora continua a leggere: scoprirai come combattere lo stress sia più semplice di quanto credi!

Mentre lo stress positivo è una fonte di vitalità, una tensione verso il raggiungimento della propria realizzazione personale, lo stress patologico al contrario porta con sè la sensazione di essere sempre di corsa e di non fare mai abbastanza, ed è per definizione uno stato di alterazione dell’equilibrio psico-corporeo dell’individuo.

Siamo talmente abituati a considerarlo “normale”, data la vita frenetica che conduciamo, che spesso non ci rendiamo conto della sua pericolosità.

Lo stress patologico infatti, un sintomo “figlio della nostra epoca”,  è una condizione che abbassa la qualità della vita, compromette il vivere quotidiano e, nel lungo termine, anche le relazioni interpersonali.

Lo stress aumenta le probabilità di ammalarsi; la psiche in difficoltà si può “leggere” attraverso le sue somatizzazioni: ansia, insonnia, stanchezza, difficoltà di concentrazione, ripetitività, irritabilità, cefalee, malattie cardiovascolari, patologie cutanee, indebolimento del sistema immunitario.

 

“Ma allora, come combattere lo stress senza dover mollare tutto
e partire per un’isola deserta?”

Sto per mostrarti 7 semplici azioni che ti aiuteranno a liberarti dalle tensioni, il primo essenziale passo per ripristinare l’equilibrio biochimico del tuo sistema immunitario e ormonale.
Bastano piccolissimi gesti quotidiani per allontanare lo stress! Ma mi raccomando, sii costante!

 

1- Metti per iscritto i tuoi successi

Ogni settimana, annota tutto ciò che hai imparato di nuovo e tutti i tuoi progressi, in qualunque ambito della tua vita. Hai scoperto qualcosa di nuovo su te stessa? Hai imparato a fare qualcosa (qualunque cosa, anche una nuova ricetta!)? Hai ottenuto un riconoscimento sul lavoro? Bene, scrivilo!

E’ stato provato scientificamente che la scrittura (con carta e penna) ha un potente impatto sulla nostra neurologia. 

Scrivere i tuoi successi ti aiuterà ad accrescere, giorno dopo giorno, la fiducia in te stessa e nelle tue capacità.

2- Dieci minuti per te

Ecco un modo davvero semplicissimo per combattere lo stress! 10 minuti sembrano pochi (e lo sono!) eppure a volte fatichiamo a ritagliarci questo breve momento tutto per noi.

Prova invece a prenderti questo impegno: trova 10 minuti al giorno da dedicare a qualcosa che ti piace, qualcosa da fare possibilmente da sola, o meglio, in compagnia di te stessa!

 

3- Rilascia la tensione muscolare

Distenditi e rilassa ogni tuo muscolo immaginando di lasciare uscire dal tuo corpo ogni pensiero negativo. Associa con l’immaginazione i pensieri negativi alla tua tensione muscolare e falli uscire dal tuo corpo e dalla tua mente.

Mente e corpo sono in realtà un’unica entità, ecco perchè è utile “usare” le sensazioni fisiche per influenzare i propri pensieri.

4- Concentrati sul respiro

Durante la giornata, soprattutto nei momenti in cui ti senti più tesa, fermati un attimo e respira profondamente. Concentrati solo ed esclusivamente sul respiro. Se inizi a pensare ad altro, sforzati di riportare la concentrazione sul respiro.

Questo esercizio servirà a interrompere il flusso dei pensieri e delle emozioni durante la tua giornata e a“resettare” mente e corpo.

 

5- Stai nel presente

Ecco l’esercizio più semplice e più difficile allo stesso tempo. Può sembrare facile essere presenti, mentre in realtà ogni attimo della nostra vita è “occupato” dal passato e dal futuro.

Il passato emerge quando ci lasciamo andare alla nostalgia oppure soffriamo per situazioni che -di fatto- non esistono più, e il futuro “sequestra” i nostri pensieri ogni volta che ci preoccupiamo per qualcosa che potrebbe avvenire. Quasi mai viviamo davvero il momento presente.

Ogni giorno concentrati sul qui e ora e distogli il più possibile il pensiero dal resto: questo ti regalerà energia nuova e ti aiuterà a lasciare andare le zavorre della mente.

 

6- Usa le immagini

Utilizza la tua creatività e costruisci nella tua mente delle immagini che ti trasmettano pace e serenità. Immagina il tuo “luogo sicuro”. Definiscine ogni caratteristica, i suoi colori, i suoni che percepisci, le sensazioni che provi.

Quando lo stress si fa insopportabile, torna con la mente al tuo luogo sicuro e rilassati.

 

7- Positivo batte negativo 5 a 1

Ogni volta che un pensiero negativo si affaccia nella tua mente, sforzati di trovarne 5 positivi. Non devono essere necessariamente collegati al primo, puoi pensare a cose che non hanno un nesso fra loro. L’importante è che tu individui 5 ragioni per cui provi gioia, serenità, sicurezza, allegria.

Piano piano, se sarai costante, questo esercizio diventerà un’abitudine e i pensieri negativi saranno quasi automaticamente scalzati da quelli positivi!

Attraverso queste semplici tecniche ti renderai conto del potere che hai nei confronti delle situazioni stressanti, e che tu hai tutto ciò che ti occorre per vincere!

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